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Focus » News » Polizia di Stato. Illegittimo il giudizio di inidoneità permanente al servizio se contraddittorio e privo di adeguata istruttoria: il TAR Bologna annulla il provvedimento e rimette la valutazione all'Amministrazione
01 Ott

Polizia di Stato. Illegittimo il giudizio di inidoneità permanente al servizio se contraddittorio e privo di adeguata istruttoria: il TAR Bologna annulla il provvedimento e rimette la valutazione all'Amministrazione In evidenza

  • Scritto da  Redazione
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Polizia di Stato. Illegittimo il giudizio di inidoneità permanente al servizio se contraddittorio e privo di adeguata istruttoria: il TAR Bologna annulla il provvedimento e rimette la valutazione all'Amministrazione
Con la sentenza n. 1129/2024, pubblicata il 30 settembre 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna ha accolto il ricorso di un agente della Polizia di Stato, annullando i provvedimenti con cui era stato dichiarato permanentemente non idoneo al servizio. La pronuncia si rivela di notevole interesse in quanto riafferma i limiti del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica della Pubblica Amministrazione, censurando un'istruttoria carente e una motivazione illogica e contraddittoria alla base del giudizio medico-legale.
La vicenda processuale. 
La controversia trae origine dalla vicenda di un agente della Polizia di Stato rappresentato e difeso dall'Avv. Michele Bonetti che, a seguito di un sinistro stradale e del rinvenimento di farmaci prescritti nel suo veicolo, veniva sottoposto a visita psichiatrica. 
Dopo un periodo di inidoneità temporanea, in cui comunque il ricorrente ha seguito un percorso terapico, numerosi accertamenti sanitari, sia da parte di strutture militari che di specialisti privati, attestavano comunque un progressivo e costante miglioramento, fino alla completa remissione della presunta patologia e alla sospensione totale della terapia farmacologica. La Commissione Medica del Dipartimento Militare di Medicina Legale giudicava l'agente "NON IDONEO permanentemente ed in modo assoluto al servizio nella Polizia di Stato", pur ritenendolo idoneo ai ruoli civili.
Il giudizio veniva confermato in seconda istanza dalla Commissione Medica Interforze, portando all'impugnazione degli atti dinanzi al TAR per l'Emilia Romagna. Inizialmente, il TAR respingeva l'istanza cautelare, ritenendo il provvedimento sufficientemente motivato e non ravvisando un danno grave e irreparabile. Tuttavia, il Consiglio di Stato, in sede di appello cautelare, riformava l'ordinanza, accogliendo la richiesta di sospensiva ai sensi e per gli effetti dell'art. 55 comma 10 cpa. Il Giudice d'appello ravvisava la sussistenza del fumus boni iuris, evidenziando il contrasto tra i giudizi negativi delle commissioni mediche e altre diagnosi che attestavano un netto miglioramento. Inoltre, sottolineava come non fosse chiaro a quale delle patologie previste dalla normativa di settore (d.P.R. 834/1981 e tabelle del d.m. 198/2003) fosse riconducibile il disagio psichico sofferto dall'agente, suggerendo l'opportunità di un approfondimento istruttorio.
L'analisi del TAR Bologna nella sentenza di merito.
Investito nuovamente della questione per la trattazione del merito, il TAR Bologna, con sentenza definitiva, ha accolto le doglianze del ricorrente, annullando gli atti impugnati.
Il Collegio ha fondato la propria decisione su due profili principali di illegittimità: la contraddittorietà e il difetto di motivazione, e la mancata riconducibilità della patologia alla normativa di settore.
- Contraddittorietà e difetto di motivazione
Il Tribunale ha rilevato una palese contraddittorietà nell'operato della Commissione medica di seconda istanza. Nel verbale impugnato, la Commissione menzionava espressamente i numerosi accertamenti medici prodotti dal ricorrente, i quali davano conto della remissione della patologia e dell'assenza di elementi ostativi alla ripresa dell'attività lavorativa. Tuttavia, la stessa Commissione, giungeva a conclusioni diametralmente opposte senza fornire una spiegazione chiara ed esaustiva delle ragioni per cui aveva deciso di discostarsi da tali risultanze.
Nel verbale, infatti, la Commissione di seconda istanza, pur richiamando plurimi accertamenti medico-sanitari (visite psichiatriche e valutazioni psicodiagnostiche) effettuati dal ricorrente presso diversi istituti ove veniva confermata l’assenza di motivi ostativi al ritorno al lavoro dello stesso, non ha esplicitato, in modo chiaro ed esaustivo, le ragioni per le quali ha ritenuto di discostarsi da tali accertamenti. 
Il giudizio diagnostico finale è stato ritenuto "oggettivamente insufficiente". Tale diagnosi, come evidenziato nel ricorso introduttivo, si fondava su "tratti di rigidità", espressione priva di valenza nosografica secondo il DSM-5 e assimilabile più a una valutazione caratteriale che a una diagnosi clinica. Il TAR ha concluso che tale giudizio scontava un evidente difetto motivazionale, non avendo adeguatamente considerato la documentazione sanitaria agli atti prodotta dalla difesa del ricorrente.
- Mancata riconducibilità della patologia alla normativa di settore
Accogliendo un'osservazione già sollevata dal Consiglio di Stato in sede cautelare, il TAR ha censurato l'Amministrazione per non aver chiarito a quale specifica patologia, tra quelle elencate nel d.P.R. n. 834/1981 e nelle tabelle allegate al D.M. n. 198/2003, fosse riconducibile la condizione dell'agente. Questo aspetto è cruciale, poiché un giudizio di inidoneità permanente deve necessariamente fondarsi su cause di infermità tassativamente previste dalla normativa che regola i requisiti psico-fisici per il servizio nella Polizia di Stato.
Principi di diritto e portata della pronuncia.
La sentenza del TAR Bologna afferma importanti principi in materia di sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica. Il giudice amministrativo, pur non potendo sostituire la propria valutazione a quella dell'Amministrazione, ha il potere e il dovere di verificare la logicità, la coerenza e la completezza dell'istruttoria, nonché l'adeguatezza della motivazione.https://decide.rocafort.es/
La decisione assume particolare rilevanza per tre ordini di ragioni:
In primo luogo, viene ribadito che, a fronte di provvedimenti con effetti altamente pregiudizievoli per il destinatario, come la cessazione dal servizio, l'Amministrazione è tenuta a una motivazione "rafforzata", che dia conto in modo puntuale e rigoroso di tutti gli elementi istruttori, specialmente di quelli di segno contrario alla decisione finale.
La pronuncia offre, inoltre, una significativa tutela ai dipendenti pubblici la cui idoneità viene messa in discussione per patologie di natura psichica. Si afferma implicitamente che una condizione pregressa e risolta non può costituire, di per sé, una causa automatica di inidoneità permanente. È necessario un accertamento attuale, rigoroso e scientificamente fondato che dimostri la persistenza di una condizione incompatibile con le mansioni, alla luce delle specifiche previsioni normative.
In ultima istanza la vicenda mette in luce una contraddizione nell'agire dell'Amministrazione, che ha giudicato l'agente solo "temporaneamente" inidoneo durante la fase acuta della patologia, per poi dichiararlo "permanentemente" inidoneo proprio quando la guarigione era stata ampiamente certificata.
In conclusione, il TAR Bologna, annullando gli atti e imponendo all'Amministrazione una nuova e più accurata valutazione, ha ripristinato la legalità, censurando un'azione amministrativa superficiale e irragionevole e garantendo che le decisioni sul futuro professionale di un servitore dello Stato siano ancorate a presupposti fattuali e giuridici solidi e verificabili.
Ultima modifica il Sabato, 04 Ottobre 2025 10:47
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