In Italia le cellule staminali sono state oggetto di un grande dibattito nel 2005, in occasione di un referendum sulla fecondazione assistita: la legge, tra le altre questioni, proibisce di derivare cellule staminali da embrioni in soprannumero derivanti dalla fecondazione in vitro. In realtà, le cellule staminali non derivano soltanto dagli embrioni, ma, ad esempio, dalla placenta materna e dal cordone ombelicale. In questo caso si tratta di staminali adulte, il cui utilizzo non è più soggetto alle controversie etiche riguardanti le staminali embrionali.
In Italia il sangue del cordone ombelicale può essere conservato soltanto per i neonati a rischio di alcune gravi patologie- c.d. "donazione dedicata" – oppure per un trapianto ad altri bambini in caso di compatibilità- c.d. "donazione eterologa".
Non è invece conservabile per uso “autologo” (cioè per la cura di se stessi) o per malattie già in atto di consanguinei, perché si ritiene che questo sia uno spreco, dato che soltanto una minima parte dei donatori si ammalerà.
Inoltre le banche di raccolta devono per legge essere istituite in strutture pubbliche, presenti soltanto in alcune regioni, mentre è vietata la conservazione presso strutture private. Gli unici laboratori privati gestiti da italiani sono stati per questo motivo tutti collocati nella Repubblica di San Marino. Nelle banche private, l'unità di sangue prelevata dal cordone ombelicale di un bambino viene invece conservata a suo nome e diventa a tutti gli effetti una sua proprietà; il sangue rimane così ibernato fino al momento in cui dovesse servire allo stesso bambino (o eventualmente a un suo familiare compatibile.
La legislazione in materia di conservazione del sangue del cordone ombelicale è diversa da Paese a Paese, anche nell'ambito dell'Unione Europea: alcune nazioni non pongono limiti, altre prevedono solo la donazione eterologa, altre ancora hanno vincolato la donazione autologa a particolari criteri.
Per questo molte famiglie ricorrono alla donazione autologa attraverso la conservazione in strutture private estere: una scelta costosa, intorno ai 2000-2500 euro per 20-30 anni.
Il metodo è tortuoso e a volte anche infruttuoso: dopo la sottoscrizione di un contratto via mail, le strutture inviano un kit per il prelievo e trasporto del sangue. La madre, dunque, deve chiedere all’ospedale dove partorisce che il sangue venga conservato nella sacca all’interno del kit. A volte capita che tra disguidi e ritardi le cellule arrivino “morte” al centro di conservazione, rendendo vani tutti gli sforzi.
Interpretando il fondamentale diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della nostra Costituzione, anche come diritto alla prevenzione e considerando che i limiti alla conservazione delle cellule possono configurare una lesione del diritto alla cura (soprattutto se si pensa alla donazione a terzi), sosteniamo una serie di azioni giudiziarie volte all'ottenimento della piena assistenza alla partoriente da parte dell'ospedale per tutte le procedure di raccolta e conservazione delle cellule staminali.