Dopo l’approvazione del famigerato articolo 8 della manovra economica si potrà licenziare liberamente oppure non cambierà nulla? Nel leggere i giornali di questi giorni, si fa davvero fatica a capirlo. Pareri in aperta contraddizione di opinionisti, giuristi, politici e sindacalisti si alternano sul tema senza chiarire l’effettivo significato della norma inserita nella manovra e fortemente voluta dal Ministro del Welfare Sacconi.
Per capirci qualcosa, partiamo proprio dalle dichiarazioni d’intenti del Ministro, che ha spiegato l’introduzione dell’articolo 8 con la volontà di dare copertura legale agli accordi di Pomigliano e Mirafiori e di prevedere un sistema di deroghe alla contrattazione nazionale per “favorire l’occupazione” in un momento di crisi. In pratica, dopo le cause legali e l’aspra battaglia combattuta a casa Fiat tra Fiom e azienda, appoggiata da Cisl e Uil, serviva un provvedimento in grado di mettere al riparo un accordo ottenuto con il voto dei lavoratori, nonostante le presunte violazioni di norme nazionali sul lavoro. Inoltre, sottende il teorema Sacconi, aiutare le aziende in tempi di crisi significa consentire la violazione di norme nazionali o accordi collettivi in materia di organizzazione, orario, disciplina del rapporto di lavoro, assunzioni e licenziamenti. Deregulation, insomma.
In realtà, un potenziamento della contrattazione di secondo livello e quindi degli accordi aziendali era già stato siglato dalle parti sociali il 28 giugno scorso, CGIL compresa. L’accordo, però, esplicitava la libertà per le RSU liberamente elette dai lavoratori di sottoscrivere intese entro i limiti posti dal contratto collettivo nazionale di lavoro e chiariva quali criteri di rappresentatività dovessero possedere i sindacati per poter partecipare alla contrattazione aziendale.
Raffaele Bonanni, segretario generale della CISL, ha criticato l’opportunità di inserire questa norma nella manovra, ma ha negato la sua pericolosità: essa sarebbe compatibile con l’accordo tra le parti sociali e sarà sufficiente, per i sindacati, mettersi d’accordo per non utilizzare mai le clausole sui licenziamenti. Una possibilità non considerata da Susanna Camusso, leader della CGIL, secondo cui l’articolo 8 ha profili di incostituzionalità. Landini, segretario Fiom, spiega bene quale sia il punto: l’accordo del 28 giugno è da considerarsi stracciato da questa nuova norma, perché vengono messi a disposizione dei sindacati “rappresentativi” dei diritti sanciti dallo Statuto dei Lavoratori, oltre che dai contratti collettivi nazionali. E i diritti, sostiene il dirigente dei metalmeccanici, sono a disposizione dei lavoratori, non possono essere consegnati nelle mani dei sindacati in modo arbitrario. Oltre ai sindacati, contrari anche PD e IDV, favorevole il Terzo Polo e Confindustria.
Aldilà del dibattito politico-sindacale, però, è importante analizzare i punti cardine dell’articolo in questione.
Il “contratto di prossimità” che viene introdotto con l’articolo 8 è un contratto aziendale o territoriale di nuovo tipo, in grado di incidere sulle regole del mercato del lavoro. Nell’ultima versione approvata in Senato, questi contratti, approvati dalla maggioranza dei sindacati rappresentativi a livello nazionale o territoriale, potranno derogare ai contratti nazionali, ma nel rispetto della normativa vigente e dell’accordo interconfederale del 28 giugno. Le deroghe saranno “erga omnes”, cioè varranno per tutti i lavoratori e dovranno essere inserite in accordi ampi, con finalità legate allo sviluppo dell’impresa o alla gestione di una crisi. La norma è retroattiva e quindi includerà accordi aziendali già aprovati a maggioranza che abbiano derogato parti del contratto nazionale. Ad esempio, Mirafiori e Pomigliano.
Indubbiamente, nonostante il riferimento a quell’accordo, la nuova norma allarga il campo di molto rispetto all’accordo del 28 giugno e tocca materie, quali l’organizzazione del lavoro, la videosorveglianza, i licenziamenti, coperte dallo Statuto dei Lavoratori.
Per quanto riguarda proprio la recessione del rapporto di lavoro, rimarrà comunque in vigore la giusta causa (il famoso articolo 18) per le aziende con oltre 15 dipendenti e saranno vietati per tutti i licenziamenti discriminatori o per maternità. Ma il lavoratore licenziato ingiustamente che faccia ricorso, potrebbe ottenere in Tribunale soltanto un risarcimento e vedersi negare il reintegro previsto per legge.
Inoltre, come brillantemente esposto da Luciano Gallino su La Repubblica del 5 Settembre, applicandosi anche alle modalità di assunzione potrebbe consentire ad azienda e sindacati di decidere a maggioranza l’assunzione in forma precaria di lavoro dipendente, una pratica diffusa, ma che fino ad oggi ha portato dritto in Tribunale.
Commenta l’Avvocato Michele Bonetti, fondatore di Pandora Pop e impegnato da anni nelle cause di lavoro: “La verità è che con l’articolo 8 si rischierà uno stravolgimento del mondo del lavoro e dei diritti dei lavoratori. Non si può sminuire la portata di una norma del genere, che consentirà di modificare e derogare leggi e contratti nazionali con un contratto aziendale. La portata della norma oltretutto non riguarderà solo i licenziamenti, ma le mansioni dei lavoratori, il loro inquadramento, gli orari di lavoro, fino a toccare i contratti a termine, la somministrazione del lavoro, e la disciplina dei Co.co.co., dei contratti a progetto e dei lavoratori a partita Iva. Vi è il rischio che una serie di tutele e diritti, acquisiti faticosamente negli anni dalla legislazione e contrattazione nazionale, possa essere spazzato via da una norma di “rinvio” come l’art. 8. Oltretutto la norma è in contro tendenza con le stesse ultime riforme governative che mirano a limitare i casi di contenzioso, poiché è chiaro che di volta in volta il lavoratore si batterà contro il contratto aziendale e per le numerose incertezze normative a cui presta il campo la prima versione dell’art. 8 approvato dal Senato della Repubblica. Pandora sta già lavorando ad una eccezione di costituzionalità della norma da sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale, considerando l’importanza dei diritti che potrebbero essere intaccati con differenziazioni tra lavoratori a seconda della contrattazione aziendale”.
Per quanto si possa essere cauti nel dare pareri, pare almeno che qualcosa sia certo: l’articolo 8 allargherà le differenze tra i lavoratori delle aziende medio-grandi, tutelati dall’articolo 18, e quelli delle piccole imprese, per cui avrà inizio l’era degli accordi fai da te.
C’è poi il tema della rappresentatività: per quanto la norma sia stata migliorata da questo punto di vista, resta quel riferimento alla “rappresentatività territoriale” che preoccupa molto i sindacati maggiori, perché potrebbe esporre al rischio di una crescente frammentazione del mondo del lavoro, con la nascita di sindacati grigi o gialli disposti a sottoscrivere accordi aziendali.
Le criticità e le forzature contenute nell’articolo 8 inducono gli osservatori a pensare che comunque le novità saranno di difficile applicazione e provocheranno una nuova ondata di cause legali senza fine. Non proprio quello che serviva in mezzo a questa durissima crisi economica.