Se la difesa dei dati personali non sta al passo con le insidie delle nuove tecnologie
Quasi tutti i nostri gesti quotidiani vengono registrati dalla rete, a cui ormai niente sembra più sfuggire anche a causa della nostra inconsapevolezza e disattenzione.
Prendiamo ad esempio la giornata di uno studente universitario: al mattino, mettiamo, apre il suo pc e attraverso Google cerca un sito di offerte di lavoro, a cui si registra on line lasciando i suoi recapiti. Poi si connette al portale del suo Ateneo e digitando il nome account e la password entra nell’area riservata, dove può controllare di aver pagato le tasse e prenotarsi agli esami.
Infine, va su un sito di acquisti on line per cercare qualche offerta a buon mercato e paga con carta di credito. Infine, magari in serata per distrarsi un po’ dai suoi impegni, entra su Facebook, condivide qualche foto, scrive qualcosa sul suo profilo.
Nessuna delle sue azioni è passata inosservata e tutte lasceranno qualche traccia. Google, infatti, si ricorderà di associare alle sue future ricerche le informazioni che può trarre dalla sua navigazione pregressa. Allo stesso modo, Facebook conoscerà preferenze e gusti del suo profilo. E qualsiasi datore di lavoro, registrandosi al social network che raduna oltre 700 milioni di utenti nel mondo, potrà controllare i suoi comportamenti e le sue opinioni. Nella peggiore delle ipotesi, qualcuno potrà violare i suoi dati personali, contenuti nel portale delle università , come accaduto di recente ad oltre 18 dei maggiori atenei italiani, se non addirittura impadronirsi dei dati della sua carta di credito.
Non si tratta di fare allarmismo inutile, o una sterile propaganda contro strumenti di comunicazione che hanno cambiato in profondità il nostro mondo quotidiano, portando anche straordinari vantaggi. Si tratta di riflettere, come molti autorevoli studiosi stanno facendo, se al giorno d’oggi si possa ancora parlare di privacy, o se i veloci cambiamenti della nostra società non abbiano modificato in profondità questo concetto.
Probabilmente, il problema centrale sta nel fatto che i meccanismi di difesa dei dati personali non stanno al passo con la velocità con cui arrivano sul mercato le nuove tecnologie e i nuovi media.
Questo, anche a causa dell’assenza di un’educazione all’uso delle tecnologie, a una scarsa consapevolezza degli utenti, alla mancanza di informazioni in proposito, ma anche per una deliberata mancanza di chiarezza da parte dei grandi social network, che non sempre consentono agli utenti di scegliere liberamente una maggiore protezione dei dati personali.
Mentre si accende il dibattito attorno a questo tema in tutto il mondo, possiamo tutelarci con gli strumenti legali a disposizione dei cittadini. Come ha fatto l’Unione degli Universitari, che attraverso una campagna per raccogliere le denunce degli studenti a cui sono stati rubati miliardi di dati, ha incaricato l’Avvocato Michele Bonetti di dare vita a ricorsi e denunce al Garante della Privacy. Probabilmente, è in arrivo una nuova class action per risarcire gli studenti e portare le università a dotarsi di strumenti di protezione dati all’altezza dei tempi.
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