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Giovedì, 28 Luglio 2011 16:26

Per il libero accesso all’Università

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Campagna contro il numero chiuso: il diritto di studiare, il diritto di provarci


Settembre 2007: come ogni anno, migliaia di studenti in tutta Italia, freschi di diploma o al loro ennesimo tentativo, affollano le aule universitarie per provare a superare il Test d’Ingresso per la facoltà di Medicina e Chirurgia e per tutti gli altri corsi di laurea ad accesso limitato.

Come ogni anno, la tensione è alta: soltanto pochissimi riusciranno ad avere il diritto di studiare quello che hanno scelto, si consumeranno favoritismi e irregolarità, le conoscenze dei concorrenti verranno appurate attraverso dei test a crocette sui temi più svariati, con pochissimo tempo a disposizione.

A poche ore dallo svolgimento del test, l’Unione degli Universitari, la maggiore associazione degli studenti in Italia, denuncia quanto accaduto con un Libro bianco: alcuni quesiti contenevano delle gravi inesattezze; in diversi casi ci sono testimonianze di gravissime irregolarità.

Nasce così la battaglia per cambiare un sistema di selezione ingiusto, che impedisce di perseguire le proprie aspirazioni a migliaia di studenti all’anno e che espone lo Stato a continui ricorsi legali di chi ingiustamente resta escluso.

Un sistema di selezione che con il merito non c’entra niente e che non funziona.



Da questa esperienza, nasce il primo ricorso collettivo messo in piedi dall’Avvocato Michele Bonetti: un’azione legale che non punta soltanto a garantire l’accesso al singolo ricorrente, ma a scardinare il sistema di selezione esistente e a proporne uno migliore.

Questa attività, ripetuta nel corso degli ultimi anni e ampliata attraverso le denunce presentate in diverse Procure, ha messo in crisi due Ministri di diversi schieramenti: prima il Ministro Mussi, poi il Ministro Gelmini. Entrambi hanno maldestramente cercato di rispondere ai ricorsi con sanatorie ex post, oppure con ulteriori ricorsi al Consiglio di Stato.



Sarebbe bastato, invece, aprire un dibattito sull’accesso all’università, per individuare le forti carenze di un’idea, oltre che di un sistema di attuazione, che pretende di selezionare gli studenti prima che abbiano studiato, anziché dopo. Un’idea di università al ribasso, che calcola il numero di studenti in base ai mezzi e ai servizi disponibili (sempre troppo pochi).



Noi pensiamo che abbia senso rovesciare il ragionamento: sull’università occorre investire in base ai fabbisogni del Paese, alla domanda di sapere, delle indicazioni europee, che ci chiedono di fondare il nostro sviluppo proprio sulla conoscenza.



In un Paese in cui si acclama continuamente il merito, questo spesso è il primo criterio a soccombere di fronte all’incapacità di rimettere in discussione quel che palesemente non funziona.

L’azione contro il numero chiuso all’università continua attraverso il Comitato No Numero Chiuso, i ricorsi legali e il dibattito in Parlamento, tra novità poco rassicuranti e proposte di legge interessanti.



Per approfondire:

Ultima modifica il Martedì, 27 Settembre 2011 17:05